Storia
La villa Albera, privata e non visitabile, è un raro esempio di residenza in provincia di Cremona la cui architettura si rifà ai dettami del Palladio.
Le origini vanno fatte risalire al 1678 quando Carlo II Schizzi, esponente di un antichissima e nobile famiglia, acquistò beni presso l'Albera dagli eredi di Giovanni Frecavalli.
Tra gli edifici rustici il nobile Schizzi fece innalzare il palazzo tra il 1682 ed il 1692 e non fu concluso a causa del sopraggiungere della guerra di secessione spagnola e che portò in Lombardia gli eserciti imperiale e franco-spagnolo; in particolare, il soggiorno invernale degli assiani portò devastazioni e la morte degli animali allevati con conseguente fallimento del fittabile. Anche i discendenti, probabilmente a causa di morti premature, non portarono a compimento l'edificio.
Nel corso del Settecento vi abitava quale proprietaria Anna Maria Schizzi che si tenne per sé il palazzo affittando la tenuta. Le successe alla sua morte il figlio Ignazio Maria Zucchelli che sposò la marchesa Anna Alberighi di Quaranta alla quale passò la villa alla morte del marito. Si sposò in seconde nozze con il marchese Luigi Fassati che aggiunse al proprio nome il cognome degli Zucchelli e che morì precocemente.
L'edificio pervenne quindi al figlio Francesco Fassati Zucchelli e, nel 1824, al fratello Giuseppe e da questi ai vari discendenti diretti fino al pronipote ed omonimo Giuseppe che alla fine del secolo vendette la villa alla famiglia Caffi, a quell'epoca declassata a edificio agricolo, probabilmente perché ormai in degrado.
La villa fu per decenni abbandonata a sé stessa finché nel 1985 pervenne alla famiglia Farinotti di Milano che provvide ad effettuare un completo ripristino per riportare la villa agli antichi splendori.
Il palazzo si presenta come un massiccio edificio di 33x22 metri, elevandosi fino ad un altezza di 16 metri. Poggia su una base a scarpa e si innalza nel caldo mattone a vista tipico della tradizione lombarda.
Le facciate simmetriche est e ovest sono divise in tre parti: quella centrale è in calce ed è lievemente arretrata rispetto al due brani laterali e include una slanciata loggia con colonne tuscaniche in marmo di Zandobbio che sorreggono archi a tutto sesto. È preceduta da una scala a tenaglia con colonnine balaustrate. Sopra la loggia si aprono tre finestre incorniciate ed architravate sopravanzate da una cornice in mattone a vista con oculi.
I segmenti laterali alla loggia sono divisi da marcapiani che proseguono lungo le ali laterali ripetendo lo stesso schema stilistico e delimitano una fascia centrale, sorta di finto mezzanino con finestrelle (alcune sono cieche). Le finestre propriamente dette sono collocate in uno specchio in calce. Anche qui nella cornice sottogronda sono aperti degli oculi ovali.
Bibliografia
- Ferruccio Caramatti, Da Ero a Salvirola, Pandino, 1995.
- Giorgio Zucchelli, Le ville storiche del cremasco, terzo itinerario, Cremona, 2000.